Alessandro Gilmozzi

"Dell'albero si mangia tutto"

Recitano le parole di un giovane chef classe 1965: Alessandro Gilmozzi.

Oggi sono con Francesco Sansone e stiamo percorrendo la Val di Fiemme, in questo momento siamo precisamente nella bella Cavalese.

Inutile da dire: non si può mancare l’appuntamento a casa di chef Alessandro Gilmozzi, che con il suo ristorante “El Molin” porta avanti con molta determinazione e sperimentazione il suo concetto di “cucina del territorio”.

Nessun esotismo nel modo di cucinare dello chef, anzi come dicono le sue parole “noi proponiamo una cucina che ha l’obbiettivo di preservare gli antichi saperi, perché prendiamo proprio quei piatti che venivano preparati su tutte le nostre case. Mi piace pensare che stiamo proteggendo e valorizzando un popolo di raccoglitori”.

La base culturale viene forgiata da maestri quali Alain Doucasse a Ferran Adriá ma sono gli studi tecnologici e botanici che gli consentono l’utilizzo di materie prime fuori dagli schemi: licheni, cortecce, resine, muschi per citarne alcuni.

Queste conoscenze fanno si che il suo menu sia composto per il 90% di vegetali. La carne di certo non manca ma la sua scelta si riscopre sempre nel bosco: selvaggina in primis o comunque materie prime acquistate da produttori biologici.

Una tutela del consumatore a 360° insomma, a tal punto da non far fermare la sua ricerca solo alla cucina; Alessandro collabora con un gastroenterologo che “detta i tempi” di uscita delle portate (in modo tale che l’esperienza dell’ospite termini senza alcuna pesantezza) con un botanico da 30 anni e da poco anche con un biologo.

Altro fattore cardine della sua cucina deriva dallo studio enzimatico del piatto in modo da rendere la combinazione degli ingredienti più digeribile.

Insomma, stiamo parlando di ricerca e di evoluzione allo stato puro, ma c’è un altro fattore dove Alessandro si diverte: il fumo. 

Una proposta gastronomica che non guarda oltremare con rimpianto, bensì che fa del legame territoriale un esempio da seguire.

Chef innanzitutto buongiorno, come sta e come nasce la passione per questo lavoro?

Buongiorno ragazzi, sto bene grazie! Cosa dire… Mia zia era botanica per passione, mia nonna si cura con le erbe e mio nonno era micologo; raccoglieva funghi e resine.

Fin da piccolo quindi si è trovato immerso nel suo territorio, come definisce la sua cucina?

Guarda, mi piace pensare che stiamo conservando e proteggendo un popolo di raccoglitori.

Parto come cuoco tradizionalista ma poi gli studi qua e là per il mondo mi portano a specializzarmi in prodotti vegetali. Questa specializzazione mi porta ad oggi a proporre il 90% del menu con prodotti, appunto, vegetali.

Le chiedo chef: come seleziona il prodotto locale? Ma specialmente: quando secondo lei la tradizione necessita di essere innovata?

La selezione che faccio sui produttori è quasi macchiavellica e tende a diventare ossessiva. Lavoriamo con il biologico da 30 anni, perché ritengo che prima di tutto ci debba essere la tutela della salute del nostro ospite.

Per quanto riguarda il legame fra tradizione ed innovazione ti posso dire che, dal mio punto di vista, la tradizione non debba essere innovata, più che altro deve essere uno stimolo per rinnovare.

Progetti esteri e progetti territoriali..

Ho un progetto territoriale molto bello di cui al momento non posso parlarti… Per quello che riguarda l’estero invece ti posso dire che in passato  avrei avuto modo di trasferirmi, ma non avendo la squadra doppia non me lo sono potuto permettere. 

Ora potrei farlo e perché non pensarci per il futuro. 

Una cosa è giusto dire: è stata una battaglia al tempo decidere se andare oppure no, alla fine ho deciso di combattere nel territorio e far crescere le mie passioni e le mie ambizioni.

Chef mi conceda un’ultima domanda: come ha conquistato la stella michelin?

Era il lontano 2007 e la scolta mi è stata data da un’intuizione; “Crudita di cervo, riccio di mare, pistacchio di Bronte, olio di cardo Mariano”. 

Assaporando il riccio ricordavo la nota iodata del cervo… arrivato a casa provai a metterli assieme, ed erano gradevoli! Mancava però la parte grassa che ho impreziosito con l’olio di cardo Mariano.

La scelta del  pistacchio invece serve per equilibrare l’amaro del cervo e dolcezza di mare data dal riccio.

Alessandro che dire… grazie del tempo che ci ha dedicato e torneremo sicuramente a mangiare qui a @El Molin

Grazie a voi e ci vediamo alla prossima.