Maurizio Aluotto

"Credo che "semplice" sia la parola giusta"

La bellezza di Cortina offre panorami e paesaggi strepitosi, ma non solo, da la possibilità di incontrare e conoscere le storie di chef con concetti gastronomici chiari, decisi e con in forte legame territoriale.

Quella di oggi è la storia di uno Chef ”sportivo” con alle spalle esperienze di spessore nel mondo dell’alta Hotellerie. 

Maurizio oggi è Executive chef dell’ Hotel Bellevue di Cortina dopo i 14 anni alla guida del ristorante Vip Club. Sarebbero veramente tante le esperienze degne di nota che hanno segnato la sua vita, ma per elencarle tutte non basterebbe un solo articolo.

Come se non bastasse a queste poi, si aggiungono le apparizioni sul programma ”Linea Verde”, le presenze nel team ”Chef Veneto” e la medaglia d’oro a Massa Carrara.

Ora però lascio la parola a lui e buon divertimento.

Ciao Maurizio, come stai? Raccontaci chi sei e cosa ti ha portato in cucina…

Ciao Carlo, sto molto bene, nonostante gli anni che passano mi sento sempre molto attivo e dinamico.
Cucino da sempre un pò per esigenza, sono stato abituato a preparare pranzi e cene fin da piccolo per i miei genitori lavoratori.
Alll’età di 14 anni iniziano le mie prime esperienze al ristorante “Da Piol” di Limana.
Durante e dopo la scuola alberghiera ho fatto molte stagioni lavorative ed ognuna mi ha sempre lasciato qualche cosa che oggi mi porto dentro. Per citarne alcune: Villa Carpeneda prima di partire per il servizio militare, il Bauer di Venezia, poi in un hotel 5 stelle a Madonna di Campiglio, poi sono diventato terzo chef di una brigata di 28 cuochi all’Hotel Ermitage all’isola d’Elba, poi a Portocervo, poi al Portico di Tai di Cadore e potrei continuare… Insomma ho avuto modo di collaborare con molte strutture importanti -ride-.

Come identifichi la tua cucina?

Credo che “semplice” sia la parola giusta. Gli abbinamenti che propongo sono di facile comprensione e sono fermamente convinto che ogni piatto debba soddisfare l’occhio ma anche lo stomaco.

Che rapporto hai con la tradizione, e quando secondo te diventa innovazione?

Sicuramente il mio è un approccio territoriale ma strizzo un occhio volentieri a metodologie di cottura un pò più al passo con I tempi. Sono molto appassionato del cambio delle “texture” nelle mie composizioni.
Per me l’innovazione è una necessità organizzativa quindi la considero più importante a livello di attrezzature. Uno chef capace è prima di tutto organizzato e la creazione deve essere sempre replicabile in modo identico. Anche le metodologie di stoccaggio sono fondamentali.

Ma come ti viene l’idea di un piatto? Da dove trai ispirazione?

Un piatto non lo creo quasi mai in un giorno, magari passano anche settimane; può capitare che penso ad un piatto salato ed alla fine del processo creativo diventa una portata dolce oppure viceversa.
Considera però che arrivi sempre ad un punto in cui ti si accende la lampadina e arrivi ad una soluzione.
Penso per esempio ad un piatto che sento mio in modo molto stretto: sono partito da un uovo cotto a 62°, ogni volta che cercavo un abbinamento mi sembrava banale.
Ad un certo punto sfogliando vecchi appunti mi sono imbattuto in una tartare di manzo che serviva abbinata al tartufo.
Da lì mi si è illuminata la strada… Decido di creare un uovo con sembianze di un tartufo. Da qui nasce la mia tartare di manzo con finto tartufo d’uovo.

possibilità di offrire un’esperienza migliore al nostro ospite mantenendo invariata la proposta gastronomica. 

Maurizio che dire, grazie mille per avermi dedicato il tuo tempo e spero di poter collaborare con te anche in futuro.

Grazie a te Carlo, alla prossima.