

La storia di oggi ha inizio ad Aviano, precisamente il giorno 8 ottobre 1969.
L’amore e la passione per la cucina gli viene passata da una giovane ragazza; Wanda.
Forse questo nome non suscita in voi alcun ricordo, ma posso assicurarvi che Wanda, o meglio, mamma Wanda, plasmerà e forgerà il carattere di questo cuoco.
L’Italia (ma azzarderei a dire tutto il mondo) si prepara proprio in quegli anni ad ospitare quello che diventerà lo chef simbolo di una vera e propria rivoluzione culinaria.
La sua storia ha inizio in una scuola a me molto cara, l’istituto alberghiero di Longarone, ma sono le varie esperienze gastronomiche degli anni successivi a scolpirne l’animo eclettico e -culinariamente parlando- spudorato.
Per citarne alcune: in Francia da Marc Veyrat e Michel Bras, in Brasile al Dom di Alex Atala e Helena Rizzo, in Danimarca al Noma di Redzepi e in Spagna, prima al Mugariz di Andoni Luis Aduriz e poi, ultimo ma solo cronologicamente parlando, da El Bulli di Ferrán Adrià.
Le riviste di settore e il mondo della cucina già parlavano di lui da molto tempo, ma è stato Masterchef a farlo conoscere al grande pubblico.
Vi posso dire le sue 3 principali caratteristiche che mi hanno colpito:
1.Sorriso sempre stampato sulle labbra
2.Conoscenza della materia prima quasi maniacale
- Un occhio di riguardo verso la conservabilità e la replicabilità del concetto gastronomico.
Ebbene sì…
Oggi sono con chef Terry Giacomello, semplicemente un visionario!
“Chef ma come fai a pensare a queste preparazioni?”
"Carlo, non so se sono nato così, ma così mi diverto!"
Terry è la mente (e la mano) che sta dietro a piatti del calibro di “Medusa”, “Buccia di banana edibile”, “Lumaca di mare”, “Patata Millenaria” e potrei continuare…
“Ciancio alle bande” e buona lettura.
Chef innanzitutto ciao e come stai? Parto da una curiosità: stiamo uscendo da un periodo che ha stroncato le gambe a tutto il mondo della ristorazione: cosa hai combinato durante il periodo di lock down?
Tutto bene grazie, spero sia lo stesso per te. Il Lock-Down è stato un momento difficile perché come sai il nostro settore è stato uno di quelli colpiti più duramente e per me, personalmente, non cucinare e sperimentare è una vera sofferenza. Ho comunque sfruttato questo momento di stop per fare il punto della situazione e per buttare giù tante nuove i dee. Ho anche riflettuto molto sul lavoro che ho fatto negli ultimi anni e, anche grazie a un’importante opportunità che si è concretizzata, ho maturato la decisione di voler cimentarmi in un nuovo progetto, chiudendo la mia esperienza all’Inkiostro e iniziando un nuovo percorso professionale nel quale sarò coinvolto in tutti gli aspetti.
Chi è Terry Giacomello?
Terry Giacomello è un cuoco, uno per cui la cucina è tutto, emozione, impegno, dedizione e vita. Ho cominciato a “spadellare” fin da piccolo nella cucina della locanda di famiglia dove ho appreso i primi rudimenti del mestiere. Dopo le scuole medie ho frequentato l’istituto alberghiero dove ho imparato ad avere un approccio alla cucina professionale e metodico. Dopo il diploma e dopo aver fatto le prime esperienze professionali, ho deciso di placare la mia infinita curiosità, proponendomi e lavorando presso alcune delle più importanti cucine del panorama mondiale: in Francia da Marc Veyrat e Michel Bras, in Brasile al Dom di Alex Atala e Helena Rizzo, in Danimarca al Noma di Redzepi e in Spagna, prima al Mugariz di Andoni Luis Aduriz e poi da quello che considero il suo maestro per eccellenza, Ferran Adria di El Bulli. Dopo il “grande slam” di mostri sacri internazionali, sono tornato in Italia, a Milano, alla corte di Sergio Mei al del Four Season.


Ora domanda obbligatoria: chef dato che hai sconvolto tutta Italia cambiando strada dopo ben 6 anni trascorsi (ottenendo risultati strabilianti) all’Inkiostro di Parma, hai voglia di raccontarci cosa è stato per te questo ristorante?
Quello tra me e la famiglia Poli, proprietaria del ristorante, è stato un sodalizio vincente caratterizzato dalla volontà di portare avanti un progetto di ricerca e innovazione. Una progettualità che ha messo in luce da un lato le mie doti e dall’altro il ristorante Inkiostro che è diventato luogo di innovazione e tappa ricercata da gastronomi e appassionati di alta cucina. Quella tra me e la famiglia Poli è stata una separazione consensuale, caratterizzata da reciproca stima e dalla serenità di sapere che la fiducia accordatami quando sono arrivato a Parma è stata ripagata dai grandi risultati ottenuti.
E ora al via progetti nuovi e nuove realtà, non sono qui per chiederti ne cosa ne dove andrai perché sono il primo a voler rimanere a bocca aperta, però dimmi, cosa sarà per te questa nuova esperienza?
Oltre a essere un nuovo percorso professionale nel quale sarò coinvolto in tutti gli aspetti, non solo quello della cucina, avrò l’opportunità di poter lavorare in quello che considero uno dei miei “luoghi del cuore” facendomi carico delle responsabilità derivanti dal mettere in piedi un nuovo importante progetto di cui ho già iniziato a gettare le basi. In attesa che il progetto sia completato, farò molte collaborazioni a 4 mani e un esperimento inedito che presenterò a breve nei miei canali social.
E ora le due domande strettamente al progetto PuntoTaste e chi meglio di te può rispondere! Che rapporto devono avere dal tuo punto di vista tradizione ed innovazione? E quando -eventualmente- una tradizione necessita di essere rinnovata?
Per me tradizione e innovazione sono imprescindibili. Ritengo che fare cucina innovativa come la mia senza conoscere bene le basi della cucina tradizione sia un po‘ come cercare di correre senza saper camminare. La mia idea di cucina parte dai prodotti e preparazioni tradizionali – alcuni provenienti da altre culture – che cerco di rinnovare stravolgendone l’utilizzo con la collaborazione di docenti universitari esperti di Chimica, Botanica e alimentazione.
Quando costruisci un piatto, da dove parti? I ragionamenti successivi sono una prassi o ti lasci guidare dall’istinto?
Le idee per un nuovo piatto possono avere origine da qualsiasi cosa: una parola, un concetto, un sapore o un ingrediente. Non ho una prassi o un metodo, è puro e semplice istinto. A volte, come per il limone con la muffa, parto da un episodio di vita vissuta e lo trasformo in un piatto. L’idea originale è sempre un guizzo, la successiva trasformazione in “voce sul menù” invece, quasi sempre significa mesi di lavoro e sperimentazione con la brigata.
Solitamente chiediamo una ricetta da lasciare ai nostri lettori; avresti voglia di lasciarne una veloce?
Certo, vi lascio la ricetta di uno dei miei piatti preferiti:

Tagliolino al bianco d’uovo, tartufo ed il suo tuorlo con Parmigiano.
-Per i tagliolini:
– Albume 250 gr
– Acqua 350 gr
– Gelatina in polvere 50 gr
– 5 gr sale Maldon
-Per la fonduta di parmigiano:
– 150 latte
– 70 gr parmigiano
– 14 maizena
– Caviale di tartufo nero 30 gr
– Foglie di timo fresco 12
– Tuorlo d’uovo pastorizzato gr 30


-Procedimento:
Frullare al thermomix acqua e gelatina portando il composto a 100 gradi.
Cuocere l’albume a vapore in sottovuoto per 11 minuti.
Aggiungere l’albume nel thermimix e frullare alla massima velocità.
Mettere il composto in teglie piatte assicurandosi lo spessore sia sottile (le teglie devono essere leggermente tiepide altrimenti il composto si rapprenderà).
Mettere in frigo.
Una volta raffreddato, passare un filo d’olio per evitare che si attacchi durante il taglio e la lavorazione.
Tagliare poi il composto in rettangoli, arrotolarli e tagliarli come tagliolini.
Arrotolarli nella pinza e adagiarli nel piatto fondo.
Disporre sopra il caviale di tartufo.
-Per la fonduta:
Portare al bollore il latte e la maizena nel thermomix poi aggiungere il Parmigiano.
Passare al setaccio.
Al momento del servizio riscaldare la fonduta attorno al tagliolino e terminare poi con un filo di rosso d’uovo e del sale Maldon in cima al caviale di tartufo.
Chef che dire, grazie mille per avermi dedicato il tuo tempo e spero di poter collaborare con te anche in futuro.
Grazie a te Carlo, alla prossima.
